In un’accezione ampia dell’insicurezza urbana rientrano anche fenomeni diversi dai reati comuni. Si tratta delle cosiddette inciviltà, che si concretizzano in una grande varietà di forme: atti di vandalismo, scritte sui muri, accattonaggio molesto, schiamazzi, urla, rumori notturni, bisogni corporali in pubblico, presenza di bottiglie vuote e rifiuti, sporcizia nelle superfici comuni, etc. Esse costituiscono «trasgressioni di norme condivise riguardanti i comportamenti negli spazi pubblici» (Farruggia 2008, 103) e hanno a che vedere con gli standard di convivenza di un gruppo, di una zona, di un territorio. Chiesi (2004, 132) le suddivide in ambientali (violazione di standard di cura e mantenimento del territorio) e sociali (violazione di standard di convivenza tout court) e ne parla come di condotte quasi mai sanzionabili penalmente: si tratta di comportamenti illegittimi o «al limite dell’illegittimità, o anche, più semplicemente, inaccettabili per quote rilevanti della popolazione che li subisce».
Sebbene non entrino a far parte delle statistiche ufficiali sulla delittuosità, le inciviltà sono molto visibili e immediate (al contrario di parecchi reati veri e propri (Sampson e Raudenbush 1999), anche perché ricollegabili facilmente a fenomeni di degrado urbano, più che di criminalità in senso stretto. Questa loro caratteristica spiegherebbe, secondo alcuni, almeno una parte dell’insicurezza che non può derivare dall’effettivo rischio di subire un reato o dalla presenza reale di criminalità. Esse sono infatti un segnale di indebolimento della capacità di cura di una certa zona o quartiere, denotano un abbandono e una mancata attenzione verso gli spazi che ne sono teatro. A questo livello, la percezione è fondamentale:
come nota ancora Chiesi (2004, 134), ciò che noi vediamo nello spazio pubblico ha un forte effetto «sulle nostre inferenze riguardo alle comunità di cui facciamo una qualche esperienza: ciò che è visibile, infatti, costituisce una sorta di presentazione pubblica dello spazio e questa determina, in larga parte, le valutazioni e predizioni compiute da chi vive e soprattutto da chi lo attraversa».
Le inciviltà, cioè, «costituiscono parte assai rilevante dei segni a partire dai quali costruiamo la nostra immagine dei luoghi urbani» e hanno «un impatto non mediato, ma piuttosto diretto e profondo sulla nostra percezione ecologica dell’ambiente che ci circonda» (ivi, 133-6).
Un ambiente degradato provoca «nella comunità un senso di abbandono, di mancata attenzione da parte delle autorità» e «eleva la soglia di indifferenza», facilitando i comportamenti devianti, tra cui quelli criminali (De Giorgi 2000,16). Ovviamente, non è affatto scontato che all’aumentare dei fenomeni di inciviltà, cresca anche la commissione di reati; però, è nota la teoria del vetro rotto (Wilson e Kelling 1982), secondo la quale se in uno spazio non ci si cura di contrastare infrazioni anche piccole e si tollerano comportamenti poco corretti, da un lato si può favorire il consolidamento di culture criminali, dall’altro si induce chi abita nella zona a pensare che la commissione di un reato possa essere più facile e accettata.
estratto da http://gabriellagiudici.it/linsicurezza-urbana/#more-30666
L’imbarbarimento dei costumi si vede anche dal mancato rispetto delle regole per la circolazione stradale: mi è capitato oggi, svoltando da Via Pironi verso via De Amicis di incontrare un auto che, non contenta di uscire dal LIDL in senso vietato, procedeva anche contromano!
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